9 falsi miti sull’avvocato.
C’era una volta l’avvocato tutto tronfio, impettito, seduto su un’enorme poltrona di pelle, davanti alla sua scrivania di legno antico, con alle spalle un’altissima e lucidissima libreria colma di libri antichi e pregevoli soprammobili, in attesa del prossimo cliente… è questo l’immaginario – frutto sicuramente di stereotipi legati al passato – che ancora oggi, in tanti, hanno dell’avvocato.
Ci sono, infatti, tantissimi luoghi comuni, tantissimi FALSI MITI che interessano la figura dell’avvocato e della sua professione.
Vediamone alcuni:
L’avvocato ricco.
Sicuramente, nel passato, era così. Si trattava di una professione svolta da pochi, assolutamente rispettata, mai sottostimata. Ma oggi, è ancora vera questa affermazione?
La risposta è no. Dal rapporto di Cassa Forense (ente privato che si occupa della gestione del sistema previdenziale degli avvocati) stilato nell’anno 2015, è emerso che gli avvocati under 30 guadagnano in media meno di 10.000,00 euro all’anno e che per giungere alla soglia dei 30.000,00 occorre mediamente raggiungere i quarant’anni. In generale, indipendentemente dall’età, si stima un reddito di categoria pari a 37.785 euro e, in particolare, pari ad Euro 50.993,00 per gli uomini e ad Euro 23.576,00 per le donne;
L’avvocatura è una casta.
Anche questa diceria rappresenta certamente un falso mito: l’Italia è il terzo paese europeo per quantità di avvocati. Ci sono circa quattro avvocati ogni mille abitanti (la densità maggiore si riscontra in Calabria, dove su mille abitanti, addirittura 6,8 esercitano la professione di avvocato);
Gli avvocati sono insensibili.
Esiste questa immagine dell’avvocato duro, insensibile, quasi inumano, capace di essere totalmente indifferente alle varie vicende umane che incontra durante la sua attività lavorativa.
Niente di più invero. La professione forense è una di quelle per le quali è davvero difficile tracciare i confini tra vita personale e lavoro e gli echi delle problematiche umane, con cui i legali si confrontano giornalmente, si riverberano inevitabilmente tra le mura domestiche;
Gli avvocati non sono timidi.
Non necessariamente un avvocato non può essere timido. È vero, l’avvocato, quotidianamente, ha a che fare con diverse persone: il cancelliere, il Giudice, il collega, i Clienti. Tuttavia, una cosa è il lavoro, altro è la vita sociale e privata. L’avvocato può essere senza dubbio loquace e disinvolto nello svolgimento della sua professione e contemporaneamente timido ed introverso nella sfera privata;
Gli avvocati sanno parlare bene in pubblico.
Può essere, ma non necessariamente. Prima di tutto, come si diceva nel punto precedente, può essere che il legale sia particolarmente loquace nel suo lavoro e, dunque, in sede di processo ma non in altri ambiti, così che qualora debba parlare in pubblico su materie che non riguardano il diritto, possa essere meno discorsivo e spontaneo. Inoltre, oggi come oggi, soprattutto il processo civile, è per lo più scritto: il ricorso, le memorie e talvolta anche le udienze, avvengono in via telematica, pertanto non occorre che l’avvocato parli in pubblico;
Gli avvocati inciuciano con la controparte.
Questo è un falso mito che caratterizza la figura dell’avvocato da sempre. Spesso capita che i clienti siano convinti che l’avvocato si accordi “sotto banco” con il collega che assiste la controparte per il solo fatto che i due professionisti si rivolgano la parola in attesa di fare ingresso in udienza o poiché l’avvocato raggiunge un accordo non completamente soddisfacente per il suo assistito. L’avvocato, invece, intrattiene semplici rapporti di colleganza con il legale di controparte: si tratta di persone che si frequentano giornalmente nelle aule del Tribunale e che, magari, già si sono incontrate come controparti in altre cause. E allora, non si deve confondere il rapporto di cordialità e correttezza con l’inciucio. Inoltre, il raggiungimento di un accordo con la controparte, talvolta, non può che incontrare l’interesse della parte assistita, vuoi per i tempi dei procedimenti, vuoi – in alcuni casi – per l’aleatorietà circa i risultati dell’eventuale processo;
L’avvocato non lavora.
Questo falso mito si presenta a causa del fatto che, talvolta, possiamo vedere avvocati fuori dall’ufficio durante l’orario di lavoro. Il legale è un libero professionista e, come tale, può gestire i suoi ritmi lavorativi come crede, salvo – ovviamente – gli impegni afferenti le udienze. Tuttavia, la professione dell’avvocatura è fatta anche di relazioni: può pertanto capitare che il legale si trovi fuori studio per andare da clienti o da colleghi o in Tribunale. Può essere che, semplicemente, decida di trascorrere un pomeriggio in famiglia. Il tempo “perso”, sarà sicuramente recuperato il giorno seguente, stando in studio qualche ora in più o, addirittura, di notte;
Gli avvocati hanno una memoria di ferro.
Anche questa rappresenta una falsa convinzione. E’ vero che per divenire avvocato è necessario studiare migliaia e migliaia di pagine ma è pur vero, anche, che la giurisprudenza non è solo nozionistica, anzi. La maggior parte delle norme sono frutto di ragionamenti lineari e razionali: per giungere ad una conclusione giuridicamente ragionata occorre sicuramente l’utilizzo, anche e soprattutto, della logica;
L’avvocato non ha fatto niente: ha inviato solo una lettera.
Questa è una frase che ogni avvocato – nel corso della sua vita lavorativa – si sente dire almeno una volta. “L’avvocato non ha fatto niente: ha inviato solo una lettera” o “Ma ha mandato solo una e-mail”, o ancora “Mi ha ricevuto mezz’ora, abbiamo fatto solo una chiacchierata” o “cosa vuoi che sia, alla fine ha fatto solo una telefonata”. La verità è che dietro a quella lettera, a quella telefonata, chiacchierata o e-mail ci sono anni ed anni di studio, di esami, di fatica, di preparazione e proprio grazie a tutti quegli anni di studio che l’avvocato è in grado di scrivere quella lettera o quella mail o di fare quella telefonata o quella chiacchierata. Altrimenti, non ne avreste bisogno.