La Cassazione, con la pronuncia pubblicata il 02 ottobre 2023, fa un passo in avanti rispetto alle precedenti sentenze che hanno interessato il tema del lavoro povero nel settore della vigilanza privata; la vertenza nasce in Piemonte ed è stata promossa dall’ufficio vertenze del sindacato unitamente al legale della UGL Sicurezza Civile di Torino.
Il principio di povertà assoluta
Nelle motivazioni di accoglimento del ricorso presentato dal lavoratore, i giudici hanno così argomentato:
“Per quanto concerne il valore soglia di povertà assoluta, è noto che esso viene calcolato ogni anno dall’Istat relativamente ad un paniere di beni e servizi essenziali per il sostentamento vitale differenziandolo in ragione dell’età, dell’area geografica di residenza del singolo e dei componenti della famiglia; mentre i concetti di sufficienza e proporzionalità mirano a garantire al lavoratore una vita non solo non povera ma persino dignitosa; orientando il trattamento economico non solo verso il soddisfacimento dei meri bisogni essenziali ma verso qualcosa in più che la recente direttiva UE sui salari adeguati all’interno dell’unione n.2022/2041 individua nel conseguimento anche di beni immateriali”.
I giudici ci stanno dunque dicendo che un salario proporzionato deve garantire una vita dignitosa al lavoratore e possiamo dunque dedurre che l’indice di povertà assoluta indicato dall’Istat possa non essere sufficiente.
Cosa dice la direttiva UE
La sentenza chiama in causa la considerazione numero 28 della direttiva:
“I salari minimi sono considerati adeguati se sono equi rispetto alla distribuzione salariale dello Stato membro pertinente e se consentono un tenore di vita dignitoso ai lavoratori sulla base di un rapporto di lavoro a tempo pieno. L’adeguatezza dei salari minimi legali è determinata e valutata da ciascuno Stato membro tenendo conto delle proprie condizioni socioeconomiche nazionali, comprese la crescita dell’occupazione, la competitività e gli sviluppi regionali e settoriali. Ai fini di tale determinazione, gli Stati membri dovrebbero tenere conto del potere d’acquisto, dei livelli e degli sviluppi della produttività nazionale a lungo termine, nonché del livello dei salari, della loro distribuzione e della loro crescita.
Tra gli altri strumenti, un paniere di beni e servizi a prezzi reali stabilito a livello nazionale può essere utile per determinare il costo della vita al fine di conseguire un tenore di vita dignitoso. Oltre alle necessità materiali quali cibo, vestiario e alloggio, si potrebbe tener conto anche della necessità di partecipare ad attività culturali, educative e sociali”.
La posizione del sindacato
Sulla sentenza di Cassazione è intervenuto il Segretario della UGL Piemonte, Massimiliano Rossato, che ha espresso soddisfazione per una sentenza che ha definito “di portata storica” poiché “rispetto alle precedenti, stabilisce un principio nuovo, ossia quello dell’andare oltre il lavoro povero per ragionare in termini di vita dignitosa non solamente legata al pagamento dell’affitto e al fare la spesa”.
Il sindacalista ha concluso “questa pronuncia della Cassazione arriva con un tempismo perfetto; ora le parti datoriali, impegnate al tavolo presso il Ministero del Lavoro, non potranno ignorare questa sentenza e dovranno tenerne conto nell’andare a quantificare gli aumenti dovuti per adeguare i salari all’inflazione che non accenna a rallentare”.