Il tema della custodia delle armi è spesso preda di convinzioni errate ed indicazioni sbagliate. Vediamo cosa dicono le norme e quali rischi corrono i detentori di armi da fuoco e non.
La pistola nel comodino
Esempio classico del conflitto che sorge tra la “custodia diligente” e l’eventuale necessità di difesa all’interno della propria abitazione, è la classica pistola tenuta nel comodino o, peggio, sotto il cuscino. Va detto che la legge 110/1975 non impone delle regole precise ma, in generale, un’arma tenuta nel comodino non viene considerata come una custodia diligente da parte del proprietario. Il guaio è che non è mai stato prodotto un decreto ministeriale (nonostante sia previsto dalla norma) che andasse a specificare le precise modalità di custodia all’interno della casa. Una specifica nell’articolo 20 esiste, ma riguarda solamente “chi esercita professionalmente attività in materia di armi o di esplosivi o è autorizzato alla raccolta o alla collezione di armi”: queste persone devono infatti “adottare e mantenere efficienti difese antifurto”.
Ricordiamo che le disposizioni dell’articolo 20 riguardano solamente gli esplosivi e le armi comuni da sparo: non rientrano dunque nella categoria le cosiddette armi bianche, come le spade, che possono dunque essere lasciate in bella vista sopra ad un mobile. Rientrano invece nella definizione di arma comune da sparo le pistole o i fucili ad aria compressa che superano la potenza di 7,5 joule.
L’omessa custodia
L’articolo 20-bis della legge dispone che è punito con l’arresto fino a due anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque consegni armi, munizioni o esplosivi:
- A minorenni
- A persone anche parzialmente incapaci
- A tossicodipendenti
- A persone imperite nel maneggio
Inoltre, chi non prende tutte le cautele necessarie per impedire alle persone elencate di impossessarsi agevolmente delle armi, è punito con l’arresto fino ad un anno.
Il fatto risulta meno grave, dato che prevede la semplice ammenda e non l’arresto, quando accade:
- a) nei luoghi predisposti per il tiro, sempre che non si tratti dell’esercizio consentito di attività sportiva
- b) nei luoghi in cui può svolgersi l’attività venatoria
Le condotte elencate risultano ben più gravi se riguardano armi da guerra e\o clandestine.
In caso di furto
La legge parla di custodia che “deve essere assicurata con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”, con evidente allusione al fatto che, delle armi rubate, potrebbero esser usate per commettere dei reati. Il furto in sé non costituisce comunque motivo di condanna, poiché secondo la Cassazione è importante che il proprietario custodisca le armi con diligenza, secondo l’esperienza comune delle persone e non in base a specifiche misure finalizzate ad evitare ogni rischio (come avviene invece per i collezionisti). Nella sentenza 29849/2019, il detentore di un fucile è stato condannato per omessa custodia, poiché lo aveva riposto in una cassapanca apribile da chiunque entrasse in casa, dato che era posizionata accanto alla porta di ingresso. Va detto inoltre che il fucile in questione è stato usato da un convivente del proprietario per togliersi la vita. In questo caso è stato dunque riconosciuto che il detentore non aveva adottato misure sufficienti a scongiurare il rischio, ma esistono altre sentenze molto diverse tra loro e spesso contraddittorie. Ne consegue che i possessori di armi devono sì attenersi a criteri di prudenza basati sull’esperienza comune, ma questo non gli garantisce affatto, in caso di furto, l’assoluzione da parte del giudice.
Le disposizioni dell’autorità
I sistemi di antifurto previsti per collezionisti e professionisti o imprenditori del settore delle armi, possono essere prescritti dall’autorità di pubblica sicurezza, ma non è specificato entro quali limiti. Ricordiamo che l’art. 9 del TULPS dice che “chiunque ottenga un’autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l’autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse”. In ogni caso, anche se i giudici hanno sottolineato spesso l’ampia discrezionalità dell’autorità di pubblica sicurezza, il fatto di dover sempre custodire le armi scariche e in cassaforte rappresenta un falso mito. La legge ammette infatti il possesso di armi per difendersi all’interno della propria abitazione e dunque il doverle tenere sempre scariche non può, di conseguenza, essere imposto. Va detto però che esistono casi, come la sentenza del Consiglio di Stato numero 8522 del 2022, che ha confermato il divieto di detenzione delle armi ad un cittadino che aveva esploso un colpo a scopo intimidatorio per far fuggire dei ladri. Il cittadino in questione aveva un porto d’armi ad uso sportivo e, secondo i giudici, essendo il porto d’armi rilasciato per quello scopo, non è giustificato l’uso che ne è stato fatto in quel momento. In altre parole, secondo i giudici, chi ha un porto d’armi ad uso sportivo non può utilizzare le armi stesse per finalità diverse da quelle per cui la licenza è stata rilasciata.
Considerazioni finali
In questo clima di incertezza ed ampia discrezionalità dei giudici, possiamo dire che anche se la cassaforte o l’armadio blindato non sono obbligatori, sono senz’altro consigliabili per dormire sonni tranquilli. In caso di furto infatti, il possesso di una cassaforte e gli evidenti segni di scasso che verrebbero riscontrati, scagionerebbero il proprietario da qualsiasi accusa di omessa custodia. Con ogni probabilità, anche un normale mobile chiuso a chiave potrebbe essere sufficiente a configurare la custodia diligente ma va detto che esistono anche soluzioni più moderne (e sicure) come le cassette cosiddette “rapid safe” che possono essere aperte con l’impronta digitale.