La Costituzione della Repubblica Italiana non contempla espressamente tra quelli fondamentali, il diritto individuale alla sicurezza. L’espresso richiamo a tale fondamento lo riscontriamo invece all’art. 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che lo ha associato a quello della libertà. Con l’adozione del trattato di Lisbona nel dicembre 2009 la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea acquisì efficacia diretta, come previsto dal Trattato istitutivo dell’Unione stesso, divenendo così una fonte vincolante di statuzione primaria al pari della ns costituzione. Formalmente lo otteniamo adottando questo ambito di applicazione, per un bisogno primario dell’uomo che seppur individuale, produce effetti giuridici.
Prospettive diverse dello stesso problema
Configurato il principio e l’ambito, se ne deve però fare una analisi per capire come può essere reso fruibile al cittadino, rispetto alle previsioni normative orientate verso la prospettiva pubblica piuttosto che individuale.
L’art. 117 della Costituzione Italiana, attribuisce allo stato ed alle regioni la potestà legislativa. Questo significa rivestire in modo assoluto la pubblica autorità di gestirla ed esercitarla.
Gli studi giuridici e teorici nella loro lunga e complessa evoluzione, hanno elaborato il principio per cui i tipi di reato più invisi ai cittadini, siano racchiusi in una logica di reati contro il patrimonio o la persona, si parla di microcriminalità e cioè di delinquenza comune. Il principio d’azione del criminale comune si configura in una dinamica del tutto casuale ma anche da scelte verso obbiettivi più prossimi al cittadino. Questo genera insicurezza e paure, rispetto all’altro stampo criminale percepito come più lontano.
Solo per completare la prospettiva generale, la macrocriminalità invece, cioè quella di stampo associativo come quella mafiosa o la così detta criminalità dei “colletti bianchi”, viene percepita come più lontana dal cittadino, mentre è più urgente per lo stato dato l’ampio raggio d’azione e l’impatto economico collettivo. Capitolo a parte riveste il crimine di stampo terroristico, percepito vicino sia dal cittadino che dallo stato, unico caso in cui convergono l’interesse individuale e pubblico.
Modelli di gestione della sicurezza
Partendo da una precedente impostazione tradizionale centralistica tipicamente nazionale, da circa un ventennio si attua in concreto una gestione territoriale o di prossimità, con un maggiore coinvolgimento degli enti pubblici come i comuni. Le innovazioni partono dalla letteratura specialistica e dalla cultura anglosassone, che da anni la sperimenta, pensiamo al Bobby inglese ovvero il tipico poliziotto di quartiere oppure al Sindaco Rudolph Giuliani di New York e la sua leggendaria politica “zero tollerance”.
Il controllo del territorio assume un ruolo centrale e nasce il concetto di “sicurezza integrata”, la tradizionale attività di prevenzione e repressione dei corpi di polizia statali, associati al modello teorico del “controllo sociale” applicato dallo stato, si aprono all’implementazione dell’attività della Polizia Amministrativa Locale che si sostanziano sul territorio, imperniata sulla figura del Sindaco come entità interessata alla sicurezza, pensiamo ad esempio alle varie sale operative dei sistemi di videosorveglianza in punti strategici o particolarmente disagiati delle aree urbane o per mezzo di lavori di riqualificazione delle periferie, che oltre allo scopo sociale, ne aumentano la sicurezza.
Ben presto la polizia giudiziaria e quella amministrativa locale, cominciano ad avere interessi divergenti, Sindaci e Prefetti, seppure seduti agli stessi tavoli istituzionali non dialogano efficacemente, intersecando le rispettive sfere di competenza ed i diversi percorsi formativi dei corpi di polizia che saranno un altro problema. La Polizia di Stato si affretterà a riconoscersi come l’unica vera “Polizia”.
L’ultima tendenza, nella direzione intrapresa, è stata quella di coinvolgere anche i cittadini nella gestione della sicurezza pubblica, attuando una “community policing” (volontari di cittadini) che ha posto il problema di legittimità se il fruitore diretto del diritto sia anche quello che ne contribuisce alle attività.
E la Vigilanza cosa fa?
Qualche comune ha attuato per un breve periodo una applicazione più estesa dell’affidamento di servizi, ma non sembra avere buone prospettive, specialmente sotto il profilo finanziario dovuto ai costi, ricorrendo a volte alle associazioni di volontariato dei cittadini, magari sotto roboanti denominazioni che ricordano i corpi dello stato, per
affidare servizi di vigilanza. Mentre lo stato ipotizza e non attua una seria integrazione delle politiche di formazione professionale, per implementare le attività che si possono delegare ad altre figure in Italia e all’estero. Quella della Guardia Giurata, è una figura che non riesce a distaccarsi dalla sua natura privatistica, l’acronimo stesso (GPG) ce lo ricorda.
Ci siamo introdotti nel discorso del diritto dei cittadini ad essere sicuri, per evidenziare quale forza manchi ad un contributo dato e spesso non riconosciuto, in una società che cambia velocemente, in perfetta sincronia di crisi dei vecchi valori, mentre i nuovi fanno fatica ad imporsi. Si risente della mancata risposta ad un diritto fondamentale dell’uomo. Se pensiamo ai rapporti di forza messi in campo con numeri e proporzioni attuali e pensando a quanto hanno saputo dare gli operatori della vigilanza, quando la storia li ha chiamati a dare il proprio contributo, nel fare la guerra con una pandemia chiamata Covid.
Le GPG sono state vicino ai cittadini nelle file dei supermercati e degli hub vaccinali, negli ospedali con infermieri e dottori solo per fare esempi, semplicemente attuando la loro opera quotidiana. Le GPG hanno contribuito a tenere aperta l’azienda Italia, ma vogliono imparare a fare di più, se mai finalmente, ci sarà la reale intenzione di implementare le attività formative che possono consentire di dare un prezioso contributo al servizio delle persone e degli enti pubblici e perché no, anche allo stato, in operatività allargata e complementare ai servizi pubblici.
Si dice che il diritto non galleggia sulla storia, ma che si permea e si influenza continuamente con essa, dando frutto allo sviluppo civile ed economico che rende l’essere umano felice, condizione sicuramente migliore di “libero”.