Cosa sono le Baby Gang
Le cronache ed il giornalismo stanno ampiamente trattando la tematica sociale legata a questo fenomeno giovanile, ma ritenere che essa sia del tutto attuale è sbagliato, è ben più datato di come possiamo immaginare, al punto che consultando la letteratura, troviamo traccia di baby gang in maniera significativa già negli anni 60. Come per altre cose, sono gli ambienti anglosassoni, specialmente americani, a lasciare le prime testimonianze.
In questa società moderna il mezzo tecnologico di comunicazione la fa da padrone tra le fasce giovanili, sono loro in effetti a detenere il testimone sull’uso e la produzione dei contenuti. I social sono i portatori delle loro tendenze, sono i mezzi con cui ci viene raccontata la storia e l’evoluzione di questa generazione. Attraverso questi mezzi possiamo vedere e vivere le azioni dei giovani, siano esse frutto della convenzione civile o dell’azione incivile e deviante che sfocia nel crimine.
Il terreno su cui si attecchisce il fenomeno è l’ambiente urbano, in particolare la periferia problematica e disagiata che è la dimora abituale dei membri delle baby gang, mentre il centro città invece è il terreno dove assistiamo alle condotte predatorie, tipiche della microcriminalità.
La geografia del fenomeno e le teorie comportamentali
Dall’osservazione e dalla statistica, gli esperti rilevano come la cultura e l’ambiente possano condizionare l’evoluzione e le differenze. Viene subito segnalato che la distribuzione geografica interessa soprattutto il centro-nord del paese, mentre è meno evidente al sud seppure si caratterizza maggiormente all’adesione alla “subcultura criminale”. Non è infrequente infatti che i giovani siano integrati in diversi livelli di età con gli adulti che delinquono. Per effetto di tale processo si creano ruoli a seconda dell’età dei soggetti ed alla definizione di un percorso che si sostanzia nella prospettiva di una vera e propria carriera criminale. Il giovane apprende il comportamento dagli adulti ed impara a relazionarsi con individui esterni al gruppo (criminali comuni), per le proprie attività. L’obiettivo al quale non tutti riescono ad accedere è appunto, uno stile di vita criminale protetto e stabile. Si crea una sorta di cultura del gruppo fondata su principi che tendono a proteggere il consesso da possibili attacchi esterni. La condotta dei membri della banda deve quindi tendere a limitare per quanto possibile o eliminare i comportamenti indisciplinati e le espressioni di individui che potrebbero danneggiare l’attività criminale. Se nella prima fase di socializzazione il soggetto apprende il “mestiere” vero e proprio, nella seconda fase si attua un controllo sia interno al gruppo, che esterno da parte delle sfere più alte della struttura criminale, rivolto agli appartenenti al fine di allontanare i soggetti non adatti perché impulsivi ed imprevedibili.
Al centro-nord, sembra essere più aderente il modello delle “subculture conflittuali”, dove si riscontra una particolare tendenza dei membri a porre in atto condotte rischiose per la propria e altrui incolumità e la presenza di una forte componente aggressiva orientata a provocare danni alla proprietà o azioni contro la persona. Si tratta del genere di aggregazioni che maggiormente agisce sulla sfera della sicurezza percepita, più incline ai fenomeni di vandalismo e bullismo tipici delle aree metropolitane. Alla base dei comportamenti violenti si riscontrano condizioni di grande squilibrio vissute dai soggetti a livello comunitario e caratterizzate da precarietà ed instabilità della propria posizione individuale. Essi, a differenza degli appartenenti alla “subcultura criminale”, sono privati sia delle possibilità convenzionali che di quelle criminali. I giovani che aderiscono a questa categoria vivono situazioni di grande frustrazione e disorientamento, dovute peraltro al fatto che vengono percepiti della società come soggetti privi di prospettive, falliti in partenza incapaci di assumere un ruolo sia nella società che nel mondo criminale. La strategia perseguita per elevarsi nella scala sociale consiste nell’utilizzo delle poche risorse di cui sono in possesso, che si sostanziano in violenza ed aggressività e dalla propensione che si ha a rischiare nella ricerca della reputazione. Un ragazzo fisicamente immaturo può trovar posto fra la élite dei combattenti se, quando provocato correrà tali rischi. Spesso si registra l’adesione ad un fondo ideologico, di razza e di classe sociale.
La subcultura astensionista è caratterizzata dal consumo di sostanze stupefacenti, da altre condotte patologiche quali alcolismo, gioco d’azzardo e dalla interruzione dei rapporti interpersonali, i momenti critici emergono quando c’è l’esigenza di ottenere la sostanza o di soddisfare la pulsione deviante. Il piacere proibito è essenzialmente una esperienza privata, il giovane tende a non creare rapporti particolarmente forti con altri soggetti. L’associazione tra nuovi e vecchi consumatori è conseguente al reperimento ed all’uso di droghe. Si potrebbe di certo dire che in questo tipo di devianza, si raccolgono gli elementi degli altri due tipi di subcultura che “hanno perso”, i soggetti coinvolti sono deteriorati psico-fisicamente in un modo tale da pregiudicare le capacità relazionali. In medicina legale si parla di “appetizioni maniacali”, che portano il soggetto distante da ogni altro desiderio di interazione sociale.
Il rapporto coi media, il degrado e le condotte incivili
I media nella loro attività di inchiesta, tendono ad amplificare la problematica sociale che si sviluppa attorno il fenomeno, reso evidente anche dalle testimonianze dei servizi di messaggistica istantanea e dai social network, con materiale audiovisivo fin troppo esplicito.
Nella periferia degradata culla delle gang, prolifera il fenomeno di aggregazione giovanile deviato, in chiave di apprendimento negativo contro ogni convenzione sociale. Del resto se la collettività lascia spazi fisici oggetto di abbandono, se l’ambiente esterno e più prossimo al giovane è oggetto di condotte incivili come l’abbandono di rifiuti solidi, di auto rubate, danneggiamenti alla proprietà pubblica e privata, queste condizioni portano il giovane a sentirsi escluso ed abbandonato dalla collettività. Purtroppo, bisogna dire che questa situazione viene esaltata negativamente anche dal fenomeno della musica Trap, che profetizza il conflitto sociale con l’ordine costituito ed il cittadino, persino contro altri gruppi di giovani, visti come antagonisti nello stesso sistema. Le attività diseducative di alcuni influencer sui social, sono elette a modello ed esaltate nelle interazioni virtuali con il pubblico giovanile.
Nel contesto urbano quali stazioni, strade ma anche attività commerciali e soprattutto il centro città, le baby gang attuano la loro attività predatoria per procacciarsi quei beni da cui traggono utilità economica ed emotiva, furti e rapine contro le categorie più deboli o contro le attività. Scatta la gelosia per i brand che vengono indossati dai giovani dei ceti medio/alti e questi vengono rapinati. La psicologia inoltre ci insegna che nella fase adolescenziale fino a quella preadulta, ci sono le tendenze psicologiche che spingono agli atti vandalici e alla piromania, azioni che portano ad una lunga serie di reati minori ed infrazioni amministrative.
Triste constatazione
In un precedente articolo, abbiamo visto quale importanza riveste nelle strategie della sicurezza integrata l’azione operativa degli enti locali, sotto il profilo “amministrativo” invece, gli assistenti sociali ed i dipartimenti locali deputati al contrasto del fenomeno e del degrado urbano in generale, in effetti non rispondono in modo funzionale alle politiche di prevenzione. Oggi il panorama politico, risente efficacemente del consenso popolare che è forse l’unica leva che spinge il sindaco a prendere provvedimenti, se vuole essere rieletto.
Gli operatori della sicurezza denunciano la situazione di sostanziale difficoltà nel riuscire a gestire il compito ad essi affidato, da decenni ormai dopo il fermo conseguente ad un reato il soggetto coinvolto torna il giorno dopo a ripetere le proprie azioni di microcriminalità. Writers, piromani, vandali, ladri e rapinatori, queste sono le etichette del giovane deviato e del suo gruppo, composto da minorenni adolescenti o appena maggiorenni, che nella divisa vedono il diavolo e non un custode della convivenza civile.
Se la repressione risulta essere troppo pervasiva e non giustificabile, forse intervenire con la regolamentazione più stringente contro il mezzo adoperato dai giovani per esaltarsi ed autocelebrarsi, sarebbe un primo vero passo per riassorbire dentro margini accettabili un disagio che ha ormai sconfinato in una cultura antisociale.