Il mercato della vigilanza privata, dalle origini ai giorni nostri:
Le famose tariffe di legalità, venivano stabilite dal prefetto, come previsto dall’articolo 134 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) e relativo regolamento di esecuzione, per dare una prima ossatura alla domanda e l’offerta dei servizi di vigilanza.
Dopo decenni, a cavallo tra la fine degli anni 80 ed inizio 90, intervengono diverse circolari del Ministero dell’Interno che richiamandosi all’art. 9 del TULPS stesso, con il precipuo interesse di limitare la proliferazione dei soggetti e lo scadere qualitativo dei servizi, emana la circolare n° 559/C20863.10089 D del 25/11/1991, disponendo la discrezionalità dei prefetti ad adottare le tariffe minime di legalità.
Alla fine degli anni 90 alcune sentenze dei tribunali amministrativi regionali (TAR) ed una pronuncia dell’Autorità Garante della Concorrenza (parere 27952 del 1997), indussero il Ministero dell’Interno a disporre l’esatto contrario di quanto stabilito in precedenza, con la circolare n° 559/C.14514.10089 D del 15/11/1997. Stando a quanto verificato in quegli anni, le norme non avevano arginato il fenomeno di cui sopra ed al tempo stesso il mercato era diventato stagnante con la nascita dei grandi gruppi che si aggiudicavano gli appalti più o meno in modo costante, andando a cozzare per l’appunto con i principi di libero mercato. Fu così che a far data dal 01/7/1998, le imprese di vigilanza poterono distaccarsi dalle tariffe minime, presentando il loro tariffario ai sensi dell’art. 257 ultimo comma del RD 635/40 “Regolamento di esecuzione” del TULPS.
Come previsto dalla circolare oggetto di argomentazione e da altre due che ne ribadiscono il principio, una del 28/9/1998 ed una del 8/1/1999, da questo momento in poi, gli Istituti di Vigilanza possono richiedere compensi più bassi indicati nei loro tariffari con delle oscillazioni del 10% per i servizi di piantonamento e del 30% per tutti gli altri.
Da qui a pochi anni, il Consiglio di Stato, seguendo il principio di indirizzo prevalente ma tenendo conto anche della corrente minoritaria, prima le vieta e poi le reintroduce. Interviene in ultima istanza la Corte dei Conti, abolendo di fatto la discrezionalità prefettizia in merito alle tariffe sulla scorta del fatto che nessuna disposizione normativa affida ai prefetti la competenza di imporre le tariffe. Seppure questo indirizzo dell’organo supremo presenti delle incongruità e si dibatta nel merito, interviene la incompatibilità con il Trattato che istituì la Comunità economica europea, che tutela la libertà di impresa e la libera prestazione dei servizi in ambito comunitario, rafforzato da alcune sentenze della Corte Europea, la n° 35 e la n° 266 entrambe del 1998.
Un discorso totalmente diverso vale per le gare pubbliche, dove i parametri di aggiudicazione sono totalmente diversi; è pacifico infatti che la commissione di gara, aggiudica il servizio di vigilanza alla migliore offerta economica anche non tenendo conto delle tariffe di legalità, proprio per il principio che l’Autorità Garante della concorrenza ha enunciato, poiché le imprese dovendo per esempio erogare un servizio di vigilanza o custodia, lo stesso non differisce di molto in qualità tecnica tra i soggetti concorrenti, ma vale il principio che lo renda vantaggioso per l’offerta economica dando di fatto l’importanza a questo ultimo aspetto. Inoltre la segretezza delle offerte, se prese da una tabella depositata perderebbe la sua caratteristica essenziale. Non ultimo, la tariffa viene identificata come mezzo congruo a stabilire un limite massimo al cliente, piuttosto come offerta economica ribassabile a suo mero ed esclusivo vantaggio. Pertanto la Pubblica Amministrazione che ha il principio del mero interesse per convenienza, non può far altro che aggiudicarla all’offerta più vantaggiosa, anche e soprattutto nell’ottica che l’impresa che la fa, esercita le proprie valutazioni imprenditoriali. È così che la tariffa di legalità diventa di congruità… anche alla luce di quanto stabilì il TAR del Lazio (n° 445/2005), entrando nel merito dell’articolo 135 del TULPS, ove era fatto divieto di trarre maggiori profitti nei servizi in base alle tariffe prefettizie, aspetto vietato agli istituti di investigazione ma non più vietato agli istituti di vigilanza.
Nel tempo ci saranno sentenze dei vari TAR, che enunceranno il rispetto delle tariffe di legalità o che ad esempio saranno avverse ad altri tribunali, di fatto però varrà il principio sancito da fonti di diritto primario, quale l’art. 41 della costituzione sulla libera iniziativa economica privata e con la normativa europea del menzionato Trattato CEE, su libera impresa in ambito comunitario.
Le procedure di infrazione e il “Nuovo Codice Appalti”, la polverizzazione delle tariffe:
Nel 2008, per far fronte alla procedura di infrazione, vide luce il decreto legge 59/2008 che con l’articolo 4 modificò il TULPS formalizzando di fatto l’abrogazione della tariffa minima di legalità.
In attuazione ad altre 3 procedure di infrazione, con la legge del 18 Aprile 50/2016 Nuovo Codice Appalti, le gare devono essere preparate tenendo conto del costo della manodopera, calcolato dalle tabelle del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che a sua volta le determina dal contratto collettivo di riferimento, ove presente. Il principio tiene conto di un dato medio, non essendo prevedibile la reale organizzazione del progetto produttivo dei concorrenti, determinando così un costo medio che è preso a riferimento. Assolvendo anche all’art. 95 comma 10 del codice, il concorrente però deve evidenziare i propri costi effettivi, pena la esclusione dal bando di gara.
Il quadro attuale delle posizioni di aziende e sindacato:
Oggi le associazioni delle imprese sembrano concordare che si debbano rivedere le tariffe di affidamento del servizio, perché le offerte per rimanere sul mercato sono ormai così poco remunerative da impedire un rinnovo economicamente dignitoso del contratto anche a danno del profitto. Del resto, parlando di servizi affidati dal pubblico, quindi un 60% del mercato nazionale, si può comprendere quale possa essere il problema che porta a tariffe che sono sotto il costo del lavoro… e se così fosse perché vengono ritenute idonee e presentabili?
Ora la domanda sorge spontanea, se questa è la legge, come si fa a non esserci dentro quando un servizio viene preso da un Istituto di Vigilanza dopo un passaggio bilaterale come prevede la legge, cosa non funziona?
Del resto il sindacato, davanti a questo quadro normativo, in una prima fase si è trovato ad affrontare nel tempo, diverse situazioni di disagio nel mantenimento dei livelli occupazionali. Basti pensare a quante volte si è assistito all’attacco delle procedure di cambio appalto, a volte non andate a buon fine o peggio si è assistito alla chiamata individuale dei lavoratori, finalizzata alla firma di una novazione del rapporto di lavoro con perdita di scatti di anzianità, livelli e quant’altro faccia corpo nella retribuzione dei dipendenti. Fortunatamente questo fenomeno non ci trova più impreparati. In seconda battuta, oltre a quanto intellettualmente condivisibile con le associazioni datoriali, vorremmo aprire un confronto con le istituzioni per profonde riflessioni, relative alle falle nei controlli che contribuiscono in modo significativo a questo quadro. Questa mancanza di controlli mina alle basi quelle che sono le azioni dei sindacati per la tutela dei lavoratori.
Di recentissima pubblicazione, il nuovo codice dei contratti pubblici (D.lgs. 36/2023) sarà in grado di superare le criticità delle gare d’appalto assegnate al massimo ribasso? Il tempo ce lo dirà ma osserviamo che, all’indomani della pubblicazione in gazzetta ufficiale, si sono espressi in maniera molto critica diversi addetti ai lavori.