Il 20 aprile 2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata con l’ordinanza n. 10623, in merito al caso di un lavoratore che non si era reso disponibile a prestazioni di lavoro straordinario. Il verdetto? La conferma del licenziamento per scarsa collaborazione.
Cos’è il lavoro straordinario?
C’è differenza tra lavoro supplementare e lavoro straordinario, (qui il nostro articolo su come va calcolato).
Le ore di lavoro supplementare, previsto per i soli part-time, sono le prestazioni rese dal lavoratore oltre il normale orario di lavoro concordato e sottoscritto nel contratto di lavoro, ma che resta nel limite del regime orario del tempo pieno (40 ore).
Il lavoro straordinario invece sono quelle prestazioni rese oltre il normale orario di lavoro, che superano il regime orario del full-time, ma sempre nel rispetto della legge 66/2003 che stabilisce di non superare le 48 ore settimanali totali.
Lavoro straordinario e supplementare sono generalmente regolamentati dalla contrattazione collettiva nazionale.
Il caso di specie
Il lavoratore oggetto dell’Ordinanza della Suprema Corte si era rifiutato di prestare l’attività lavorativa straordinaria, senza fornire specifiche giustificazioni come normalmente accade quando un lavoratore non può trattenersi oltre il normale orario di lavoro.
Il lavoratore in questione sarebbe stato obbligato dal contratto che gli veniva applicato a prestare 2 ore di straordinarie giornaliere per un massimo di 8 ore settimanali.
Rifiutandosi ha di fatto commesso un’inadempienza contrattuale.
Dopo essere stato contestato e successivamente licenziato per giusta causa, il lavoratore si è rivolto al giudice del lavoro che ha rigettato il suo ricorso stabilendo che il datore di lavoro avesse diritto a richiedere la prestazione lavorativa straordinaria e che il lavoratore doveva quantomeno fornire delle giustificazioni inoppugnabili per il suo rifiuto.
Dopo il primo ricorso al Tribunale del Lavoro che aveva reputato legittimo il licenziamento, il lavoratore è ricorso in Cassazione e, anche la Suprema Corte, ha stabilito la legittimità del licenziamento.
I giudici hanno prima ricordato che l’articolo 5 della Legge 66/2003 rimanda alla contrattazione collettiva in merito ai limiti della prestazione di lavoro straordinario, quindi al numero di ore giornaliere, settimanali e annuali, dopodiché hanno emesso sentenza specificando che il lavoratore in questione avrebbe dovuto fornire la prestazione richiesta al massimo per due ore giornaliere e otto ore settimanale, nel limite stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale e con un preavviso di 24 ore.
Quand’è obbligatorio lo straordinario?
Ci sono casi in cui il lavoratore non è obbligato a prestare la propria attività lavorativa fuori dal normale regime orario di lavoro, come per esempio per il CCNL Commercio, in cui viene specificato che il lavoro supplementare e straordinario può essere richiesto dal datore di lavoro ma è su base volontaria. Pertanto il lavoratore può anche rifiutare la prestazione di lavoro straordinario.
In altri contratti invece, come nei contratti della Sanità o della Vigilanza Privata, il lavoratore non può abbandonare il posto di lavoro fino a quando non riceve il cambio da un collega, sempre nei limiti di ore stabiliti dai CCNL applicati.
Altro caso in cui la prestazione di lavoro supplementare o straordinario non è obbligatoria è riscontrabile nei lavoratori a tempo parziale a cui viene applicata la modulazione oraria orizzontale. Il lavoratore in questione lavora quindi già sei giorni a settimana, e non ha alcun obbligo a svolgere la propria attività lavorativa oltre il normale orario concordato.
Ci teniamo a sottolineare che il lavoratore deve sempre fare riferimento al proprio contratto di lavoro, per tutto ciò che concerne orari di prestazione, riposi, ferie, permessi, e che prima di rifiutare una prestazione lavorativa che potrebbe portare ad una inadempienza contrattuale sarebbe sempre buona norma andare a leggere cosa prevede in quei casi il CCNL di riferimento che gli viene applicato, o molto più semplicemente, rivolgersi ad un sindacalista che ben conosce le regole del settore.