Il fatto
La vicenda oggetto di questo articolo vede coinvolto il dipendente di una società operante nel settore automobilistico, che in passato aveva avuto una relazione sentimentale con una collega di lavoro, da tempo conclusa.
L’ex compagna, successivamente, si era legata sentimentalmente con un’altra persona. Tale circostanza aveva suscitato problematiche e litigi tra i due colleghi, sfociati poi in alcuni insulti del dipendente nei confronti della sua ex sul luogo di lavoro. In caso di offese ai colleghi, quando scatta il licenziamento? E soprattutto è legittimo? In questa vicenda, a seguito dell’accaduto e della segnalazione dei fatti, la società aveva provveduto a comunicare l’estremo provvedimento disciplinare al lavoratore, ossia il licenziamento, che il dipendente ha impugnato fino all’ultimo grado di giudizio della Cassazione.
La decisione
La decisione della Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 23029 depositata il 22 agosto 2024 è interessante e complessa. In questo caso, i giudici hanno stabilito che le ingiurie verso un collega di lavoro non costituiscono di per sé una giusta causa di licenziamento, a meno che non compromettano in modo significativo il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
Le motivazioni
Nell’ordinanza, la Corte di Cassazione sentenzia che:
“il giudice può sussumere la condotta addebitata al lavoratore, e in concreto accertata giudizialmente, nella previsione contrattuale che, con clausola generale ed elastica, punisca l’illecito con sanzione conservativa, né detta operazione di interpretazione e sussunzione trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato, restando nei limiti dell’attuazione del principio di proporzionalità, come eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo”.
La Corte ha ribadito che, anche in presenza di comportamenti inappropriati come insulti e aggressioni verbali, il giudice deve valutare se tali comportamenti siano sufficienti a giustificare un licenziamento immediato. In questo caso, la condotta del dipendente è stata considerata disciplinarmente rilevante ma non tale da rompere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro. Pertanto, la sanzione espulsiva è stata giudicata sproporzionata sottolineando l’importanza della proporzionalità delle sanzioni disciplinari rispetto alla gravità del comportamento. La decisione prende in considerazione diversi fattori, inclusa l’assenza di recidiva e il contesto specifico degli insulti, che non hanno determinato condanne penali o discredito significativo per il dipendente.
Conclusioni
Con ciò possiamo dire che, secondo la Cassazione, l’ingiuria verso un collega di lavoro non configura di per sé un licenziamento per giusta causa, in quanto non necessariamente incide sul rapporto di fiducia con il datore di lavoro.