L’ultimo rapporto EUROSTAT sul costo del lavoro nel 2023 ci dice che in Italia il dato si assesta, in media, a 29,80€ l’ora. Vediamo cosa significa e quanto, davvero, costa ogni dipendente al suo datore di lavoro.
Cos’è il costo del lavoro
La somma di tutti i costi legati ai lavoratori dipendenti non può essere estrapolata dalla semplice busta paga, poiché esistono molteplici costi indiretti che vanno aldilà dello stipendio e di tutte le voci ad esso collegate (TFR, ferie, ecc.). L’EUROSTAT ha stimato che i costi “non salariali” pesano circa il 27,8% per chi fa impresa in Italia. In questa classifica, ci ritroviamo al di sopra della media UE che si attesta al 24,8% e, vedendo solamente questi dati, potrebbe sembrare esagerata la credenza popolare secondo cui, in Italia, il costo dei lavoratori sia esagerato se non addirittura insostenibile per le imprese, a causa delle troppe tasse. Ma c’è di più…
Il rapporto OCSE
Sempre in riferimento all’anno 2023, il rapporto taxing wages, redatto dall’OCSE, evidenzia che l’Italia è al quinto posto nella classifica mondiale del cosiddetto “cuneo fiscale”, con una percentuale del 45,1%. Il dato è in discesa rispetto al 2022 e le stime prevedono che scenderà al 43,7% nel 2024 per effetto dei nuovi scaglioni IRPEF e per lo sconto fino al 7% sui contributi IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti). Il dato rimane comunque molto distante dalla media OCSE che al momento è al 34,8%. Non vanno comunque confusi i dati dell’EUROSTAT con quelli OCSE anche perché questi ultimi si basano, per convenzione, su lavoratori single e senza figli. In altre parole, avere un cuneo fiscale basso non corrisponde necessariamente ad una situazione ideale poiché può essere necessario dover attingere alla propria busta paga per sostenere privatamente i costi di alcuni servizi sociali, come accade ad esempio nel Regno Unito.
La situazione in Europa
Tornando al costo del lavoro, in Europa il dato più alto si registra nei paesi del nord e dell’ovest, con cifre che vanno dai 37,10€ della Finlandia fino ai 53,90€ del Lussemburgo. Come detto prima, più del 70% di questo costo è rappresentato dal salario e questi dati non sorprendono affatto dato che, notoriamente, quell’area d’Europa è quella dove si guadagna di più ed il costo della vita è più alto, essendo proporzionato agli stipendi. L’Italia fa da spartiacque tra il nord e l’ovest ricchi ed il sud e l’est poveri, con l’eccezione di Spagna e Portogallo che hanno un costo del lavoro inferiore all’Italia. Questo è ciò che dà luogo alle cosiddette delocalizzazioni, poiché, se guardiamo ad est, ad esempio in Polonia, troviamo che il costo del lavoro è stimato in 14,50€ l’ora ed il cuneo fiscale è al 34,3%.
Rapporto tra costo e stipendio
Dopo aver visto tutti questi dati, scendiamo più in dettaglio sui costi del lavoro e identifichiamo una formula che ci dica quanto costa un dipendente. Simuliamo uno stipendio lordo di 2000€ e dividiamo i calcoli in tre step:
- RAL (compresa di mensilità supplementari) pari a 28.000€
- Contributi a carico dell’azienda (di media il 30%) 8.400€
- TFR che si ottiene dividendo la RAL per 13,5 = 2.074€
Sommando queste tre voci, raggiungiamo una cifra di 38.474€, che è il costo annuo per il datore di lavoro, a fronte di uno stipendio netto che sarà di poco superiore ai 21.000€.
Altri costi
Finora abbiamo visto che la differenza fra lo stipendio percepito dal dipendente e la cifra sborsata dal datore di lavoro è quasi il doppio ma, in realtà, ci sono anche ulteriori costi che vanno considerati, come ad esempio:
- La formazione dei lavoratori
- I costi fissi previsti dal CCNL (buoni pasto, assistenza sanitaria, enti bilaterali, ecc.)
- I mezzi aziendali, il vestiario e le dotazioni di servizio
- Le visite mediche previste dalla sorveglianza sanitaria
- Le spese variabili per sopperire a malattie ed altre assenze
Ce ne sarebbero altri ma ci fermiamo qui, poiché i costi appena elencati ci indicano che è facile raggiungere, o addirittura superare, la soglia del doppio nel rapporto tra lo stipendio percepito ed il costo totale di ogni dipendente.