Quando si affronta una causa civile bisogna prima di tutto distinguere se si tratta di una causa inerente il diritto del lavoro (no pubblico impiego) oppure se si tratta di diritto civile puro (condominio, famiglia, risarcimento danni, etc.).
Il gratuito patrocinio
Stabilito l’ambito, è bene sapere che se il reddito lordo familiare dell’anno precedente alla causa è inferiore o pari ad €12.838,01 si ha diritto al gratuito patrocinio.
Nel caso non vi si rientrasse bisogna distinguere quanto segue:
Se la causa da intraprendere riguarda il diritto civile, oltre alla parcella dell’avvocato, ci saranno da corrispondere, nella maggioranza dei casi, le spese di notifica (ufficiale giudiziario che consegna l’atto), una marca da bollo da 27€ e un contributo unificato, una sorta di tassa che si paga in base al valore della causa, che va da 21,5€ a 1.686€ (per il primo grado di giudizio, in appello e in Cassazione gli importi sono diversi e più alti) per valori di causa superiori a € 520.000.
Se la causa verte in materia di diritto del lavoro, oltre alla parcella dell’avvocato, si pagherà un contributo unificato pari al 50% di quello previsto per lo stesso scaglione in materia di procedimenti civili, non si paga la marca da bollo e non si pagano le notifiche. Sempre con riferimento alle cause di lavoro, se il nucleo familiare ha un reddito inferiore ad € 35.240,04 anche il contributo unificato non dovrà essere versato.
La parcella dell’avvocato
La parcella dell’avvocato dipende invece dal valore della causa, più è alto il valore e più alta è la parcella.
Ad oggi è stato abolito il cosiddetto “patto di quota lite” con cui l’avvocato poteva essere pagato in percentuale a quanto recuperava; ora è possibile accordarsi per pagare in percentuale solo un importo già predeterminato (es. devo recuperare 5000 euro posso accordarmi per un 20% ma poi se recupero 3000 il 20 % va sempre calcolato sui 5000).
Per la parcella dell’avvocato esiste un tariffario previsto dal D.M 55/2014 che prevede per ogni scaglione 3 possibili cifre (la minima, la media e la massima) e normalmente i giudici applicano la tariffa media.
Alla parcella dell’avvocato bisogna poi sempre aggiungere il 4% della cassa forense e il 15% delle spese forfettarie (cioè un importo che tiene conto della cancelleria, delle copie etc.) a cui potrebbero essere aggiunte spese di trasferta se si sceglie un avvocato di un foro diverso da dove si tiene il processo.
Qualora poi l’avvocato sia soggetto al regime ordinario iva, il cliente dovrà corrispondere anche il 22% in più sulla parcella di IVA, se invece aderisce al regime forfettario tale somma non è dovuta.
Il preventivo
L’avvocato è tenuto a far firmare un preventivo sia a tutela del cliente, che sa subito quanto gli costerà la causa, ma anche di sé stesso, poiché tale preventivo costituisce uno strumento veloce ed efficace per costringere il cliente a pagare il dovuto.
Se l’avvocato non presenta un preventivo, l’assistito dovrà comunque pagare e di norma lo farà attraverso gli scaglioni previsti nel tariffario del D.M 55/2014.
Quanto deciso dal giudice, con eventuale condanna alle spese, non costituisce l’importo corretto da versare all’avvocato, poiché solo questo ultimo decide il valore del suo lavoro.
I giudici di solito condannano utilizzando lo scaglione medio del suddetto decreto, ma l’avvocato potrà comunque chiedere il massimo, per tale ragione è sempre opportuno il preventivo scritto.
La parte soccombente nel giudizio, pagherà quindi le spese indicate dal giudice alla controparte, ma l’avvocato della controparte potrà comunque chiedere al proprio assistito una somma diversa.
Infine, sia che si vinca o che si perda esiste la possibilità che il giudice “compensi” le spese e ciò significa che ciascuna parte sarà chiamata a pagare le spese del proprio avvocato.
L’avvocato del sindacato
Per prima cosa bisogna sfatare un mito: gli avvocati “del sindacato”, nel senso che sono alle dipendenze dell’organizzazione sindacale, sono, in realtà, molto pochi. Di solito si tratta infatti di legali che hanno un loro studio e sottoscrivono un patto di convenzione con il sindacato che non li vincola affatto a lavorare esclusivamente per l’organizzazione sindacale.
Un legale convenzionato con il sindacato può offrire al lavoratore diversi vantaggi: innanzitutto va detto che la consulenza sarà sempre gratuita e, in base alle clausole contenute all’interno della convenzione stipulata, il lavoratore potrebbe non dover corrispondere nulla per l’avvio della causa, fatta eccezione per le spese che abbiamo visto all’inizio.
Ma il vantaggio più grande, con ogni probabilità, sta nel fatto che l’avvocato del sindacato avrà tutto l’interesse a sconsigliare al lavoratore di intraprendere una causa, qualora non ci siano delle ragionevoli possibilità di successo, cosa per nulla scontata se ci si rivolge ad un avvocato sconosciuto.