Il diritto ad assentarsi per malattia, dovuto ad un temporaneo stato psicofisico che impedisce al lavoratore di svolgere le proprie funzioni al meglio, funziona secondo diverse regole che se non rispettate possono addirittura portare al licenziamento. In questo articolo cercheremo di spiegare in maniera semplice come funziona la malattia e quali sono le regole previste dal CCNL della vigilanza privata.
La prima regola
Il lavoratore che intende dichiarare il proprio stato di malattia “ha l’obbligo di dare immediata notizia della propria malattia all’Istituto da cui dipende” secondo quanto previsto dall’art. 122 del CCNL.
Sono fatte salve tutte quelle condizioni che impediscono materialmente al lavoratore di adempiere a tale obbligo nell’immediatezza. La mancata comunicazione dello stato di malattia viene considerata come assenza ingiustificata, ai fini disciplinari, anche se successivamente si presenterà il certificato medico a copertura del giorno di assenza.
La data di inizio
Il certificato di malattia dovrebbe riportare come inizio la data stessa della visita medica. Ma cosa succede se ci si ammala quando lo studio del medico di base è chiuso? Teoricamente il certificato può essere fatto il giorno successivo, se lo stesso viene redatto a seguito di visita domiciliare. Per non correre rischi è più opportuno recarsi in ospedale (se le condizioni lo richiedono) oppure presso il servizio di continuità assistenziale (ex guardia medica) che di solito rilascia il certificato solamente per il giorno della visita. Ci si potrà recare dal proprio medico l’indomani per dare continuità al certificato rilasciato dal medico di guardia. E se ci si ammala di sabato e dunque anche il giorno successivo il medico di base sarà assente? Il consiglio è quello di tornare presso il servizio di continuità assistenziale e farsi coprire anche la domenica. In questo modo l’azienda non potrà contestare nulla.
La trasmissione del certificato
Grazie all’istituzione del certificato medico telematico, non è più necessario trasmettere via posta il certificato di malattia all’INPS e al datore di lavoro. Sarà infatti sufficiente comunicare alla propria azienda il numero di protocollo indicato nel certificato medico e il giorno in cui termina la malattia (salvo continuazione). Ricordiamo che il lavoratore non è tenuto a comunicare per quale tipo di malattia si assenta. Sul punto è intervenuto il Garante per la Privacy, con la deliberazione numero 23 del 2007 (anche se va detto che parla di datori di lavoro pubblici) che ha chiarito quali informazioni devono essere contenute nel certificato medico consegnato al datore di lavoro, ovvero solamente dati generici senza nessun riferimento relativo alla patologia riscontrata.
La fine della malattia
Proprio come per l’inizio dello stato di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di avvisare anche quando terminano i giorni di prognosi indicati nel certificato medico. Il penultimo giorno di malattia, o comunque almeno 24 ore prima del rientro in servizio, il lavoratore dovrà contattare la propria azienda e comunicare se l’indomani rientrerà a lavorare oppure se intende proseguire lo stato di malattia. L’obbligo è da intendersi valido anche se l’indomani il lavoratore non avrebbe comunque lavorato perché di riposo o in ferie. Il lavoratore dovrà dunque attivarsi in tempo e non deve attendere passivamente che sia l’azienda a chiedergli informazioni sul suo stato di salute.
Le malattie lunghe
I periodi di malattia superiori a 60 giorni continuativi, fanno sì che il lavoratore non possa rientrare in servizio senza prima aver sostenuto una specifica visita con il medico competente. Questa prescrizione è valida per tutti i lavoratori che sono sottoposti al regime di sorveglianza sanitaria ai sensi dell’art. 41 del D.lgs 81/08.
I controlli e gli orari
Ai sensi dell’articolo 5 dello statuto dei lavoratori, il controllo sul lavoratore in malattia “può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda” ma è bene sapere che anche l’INPS, in piena autonomia, può procedere alle visite presso l’abitazione del lavoratore nelle fasce orarie di reperibilità che per i lavoratori privati sono stabilite nei seguenti orari: dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.
Quando si può uscire
Tra le regole della malattia quella più nota sono gli orari in cui è possibile uscire. Secondo l’articolo 123 del CCNL, non sono considerate assenze ingiustificate alla visita domiciliare quelle dovute a visite mediche, prestazioni ed accertamenti specialistici non effettuabili al di fuori delle fasce di reperibilità. L’unica altra eccezione ammessa è rappresentata da un grave motivo che renda imprescindibile la presenza del lavoratore al di fuori della propria abitazione al fine di evitare gravi conseguenze per sé o per la sua famiglia. In questa casistica potrebbe rientrare, ad esempio, il fatto di dover andare a prendere il proprio figlio all’asilo. In ogni caso è sempre bene avvisare la propria azienda prima di allontanarsi dall’abitazione.
I controlli “extra”
Esiste il falso mito secondo cui il lavoratore può fare ciò che vuole al di fuori delle fasce orarie di controllo stabilite per legge. In realtà non è propriamente così poiché il datore di lavoro ha la facoltà di accertare la veridicità dello stato di malattia del proprio dipendente attraverso l’uso di investigatori privati.
Dunque, il lavoratore in malattia deve stare sempre in casa? Assolutamente no. Diciamo che, in estrema sintesi, il lavoratore non deve compiere alcuna attività che possa peggiorare il suo stato di salute o ritardare il rientro in servizio. Ad esempio, non potrà essere contestato nulla ad un lavoratore con un braccio ingessato che si reca a fare una passeggiata, mentre ci saranno di sicuro dei provvedimenti disciplinari per un dipendente che durante la malattia svolge un’altra attività lavorativa.
La retribuzione
Le regole della malattia per la vigilanza privata prevedono che, il lavoratore assente per malattia, ha diritto alla normale retribuzione per un periodo massimo di 180 giorni all’anno. Durante la malattia si ha altresì diritto alla maturazione di ferie, permessi, TFR, tredicesima, ecc.
Qualora l’INPS, per qualche motivo, non riconosca lo stato di malattia, nulla di quanto elencato sopra sarà dovuto al lavoratore.
Il periodo di comporto
Se la malattia si protrae oltre i 180 giorni, il lavoratore avrà diritto alla conservazione del posto di lavoro, nell’arco dell’anno solare:
- Fino a 240 giorni riferibili a più episodi morbosi
- Fino a 300 giorni, anche se non continuativi, riferibili allo stesso episodio morboso, a condizione che l’imputabilità della malattia allo stesso episodio sia certificata prima del raggiungimento dei 240 giorni
Le regole della malattia prevedono che, superati i limiti sopra citati, il lavoratore potrà chiedere altri 6 mesi di aspettativa, previa richiesta scritta.
La malattia dovrà essere debitamente comprovata e documentata fino alla guarigione clinica che consenta a al lavoratore di tornare alle precedenti mansioni.
Eventuali assenze dovute a terapie salvavita, che comunque non fanno venir meno la capacità di prestazione lavorativa, anche se intervallate nel tempo, consentiranno al lavoratore di usufruire dell’aspettativa prolungata non retribuita anche dopo il superamento del periodo di comporto.
L’aspettativa può essere frazionata anche in singoli giorni se gli eventi terapeutici lo richiedono.
Superati i limiti elencati sopra, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento senza obbligo di preavviso.
Conclusioni
Queste sono le principali regole della malattia nel settore della vigilanza privata.
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