La validità del contratto territoriale
Purtroppo capita che alcuni imprenditori, nel tentativo di risparmiare sul costo del lavoro, contestino la validità della contrattazione integrativa territoriale, sollevando questioni sull’appartenenza alle associazioni firmatarie del contratto con i sindacati. Anche se l’azienda non è aderente a nessuna associazione di imprese sottoscriventi il contratto integrativo territoriale, per la Corte d’Appello di Milano, deve essere comunque remunerato il trattamento economico.
La sentenza
Un’importante sentenza della Corte d’Appello di Milano, datata 22 Maggio 2023 (sentenza n° 594/23), ha visto la condanna di un ente universitario, al pagamento delle differenze retributive dovute ad una dipendente che si è rivolto al giudice del lavoro, relativamente alla mancata applicazione del contratto integrativo territoriale di Milano del settore Terziario.
Il motivo del contendere, verteva sul riconoscimento della maggiorazione dovuta alla lavoratrice per le prestazioni lavorative svolte nella giornata del 16 agosto, giorno che viene riconosciuto come festivo per il solo territorio della provincia milanese, ed al riconoscimento della stessa se la prestazione non abbia avuto luogo, sempre in base alla locale contrattazione integrativa.
Nella disamina della sentenza e dell’analisi dei principi che hanno portato a tale dispositivo, gioca un ruolo determinante il collegamento della materia collettiva con gli integrativi territoriali, che appunto “completano” la contrattazione collettiva stessa.
A nulla sono servite le motivazioni addotte dalla parte resistente, che si imperniavano sul fatto che l’università privata, pur non avendo aderito a nessuna associazione di settore, implicitamente non riconosceva in parte o in toto, quegli elementi retributivi stabiliti sull’accordo collettivo integrativo. Unitamente a questo indirizzo, l’ente riferiva nelle memorie difensive, che il contratto integrativo è riferito al commercio, tipo di attività che non si configura in quelle meramente istituzionali dell’ente che si colloca in attività di tipo intellettuale. In prima istanza, la ricorrente vinceva la causa di lavoro e la resistente proponeva giudizio in appello, poi avvenuto confermando le motivazioni della prima sentenza.
Vedremo se in seguito, l’ente universitario vorrà arrivare al terzo ed ultimo giudizio in Suprema Corte, anche se nelle motivazioni della sentenza vi sono richiami alla pronuncia della Cassazione n°19840 del 20.9.2010.
Il principio della continuità della contrattazione tra nazionale e territoriale
Secondo il tribunale, che ha confermato il giudizio di merito ordinario del primo giudice, il principio secondo il quale la festività riconosciuta dall’integrativo venga pagata anche se… “la festività del 16 agosto cada di domenica; accerta e dichiara l’illegittimità della trattenuta di una giornata di ferie nel caso la ricorrente non renda la prestazione lavorativa in occasione del 16 agosto”…e nel caso in cui avvenga la prestazione, avrà diritto ad un compenso aggiuntivo pari alla retribuzione giornaliera.
Questi dati oggettivi, devono essere considerati parte integrante della contrattazione di secondo livello meglio conosciuta come integrativo territoriale, e di per se costituiscono già rispetto ad altre discipline, in particolare la nostra, un valido elemento di differenziazione tra le varie materie collettive nel merito delle festività locali e che assume importanza fondamentale, l’applicazione di un contratto di categoria in essere per le figure professionali con le quali vengono inquadrati i dipendenti, poiché l’azienda avendo facoltà di applicare un contratto collettivo o meno, dovrà poi adempiere a tutte le parti dello stesso contrato. A smontare ulteriormente la linea difensiva è stato tra l’altro il pagamento di altri elementi retributivi frutto di rinnovi dell’integrativo stesso, fatto che non deve essere stato del tutto trascurabile per la Corte, configurando nella condotta aziendale l’illecito che ha causato le sentenze.
Quello che la rende speciale e degna di approfondimento, almeno in linea di principio, è il fatto che in seconda istanza sulla vertenza di lavoro, il tribunale abbia nuovamente invalidato la giustificazione dell’azienda o ente, di non aderire a nessuna associazione di imprese che ha sottoscritto il contratto insieme ai sindacati ed al tempo stesso, se l’azienda o ente rinvia alla retribuzione dei propri dipendenti a quel contratto collettivo, allo stesso modo l’azienda deve far fronte a quella parte di accordi collettivi che rinviano o appunto “integrano” alla contrattazione locale, riconosciuta come normale e naturale prosecuzione del contratto collettivo stesso.
Per ultimo ma non meno importante, non vi è stata prescrizione dei termini nel rivendicare le somme mai avute, perché la dipendente è ancora in regime di costanza di lavoro, cosi come novellato nella riforma avuta con la 92/2012 cd “Legge Fornero”, potendo così richiedere le spettanze maturate e mai liquidate sin dal lontano 2010.