È stato arrestato il commando che lo scorso 28 marzo ha messo a segno una rapina a un furgone portavalori a San Vincenzo, in provincia di Livorno. Undici i soggetti individuati grazie al lavoro del Nucleo Provinciale dei Carabinieri e al supporto di reparti specializzati. Decisive le immagini registrate da alcuni testimoni, che hanno permesso di risalire agli autori del colpo, diventato virale anche sui social.
L’episodio ha riacceso l’allarme sulla sicurezza dei servizi di trasporto valori, già oggetto di denunce e appelli da parte delle organizzazioni sindacali.
Vigilanza privata: tra sfiducia e attese senza risposte
A poca distanza dall’incontro tra le parti sociali e il Ministero dell’Interno, gli operatori della vigilanza privata si ritrovano ancora a fare i conti con il senso di abbandono. In assenza di risposte concrete dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza – sezione PAS – cresce la frustrazione di chi ogni giorno rischia la vita per garantire la sicurezza.
Il sindacato attende ancora risposte chiare e misure strutturali, non solo dichiarazioni d’intenti.
Carenza di analisti criminali: un sistema che fatica a prevedere i reati
Uno dei nodi principali è la carenza di personale specializzato nell’analisi dei contesti criminali. Le indagini tattiche condotte sul campo non vengono supportate da adeguate analisi operative e strategiche. Il risultato? L’Italia resta indietro nella prevenzione dei fenomeni criminali legati alla sicurezza privata.
I professionisti con competenze in criminologia e psicologia investigativa scarseggiano, e il sistema si regge su poche figure di eccellenza, che però non possono supplire alla mancanza di team strutturati.
Criminalistica e formazione: tra retorica accademica e bisogni reali
Oggi servono più tecnici operativi e meno “esperti da talk show”. Le professioni di supporto alle indagini, pur non richiedendo titoli di studio universitari, restano poco attrattive. E intanto per formare un agente di pubblica sicurezza ci vogliono almeno due anni. Il confronto con la realtà della vigilanza privata è impietoso: operatori mal pagati, poco formati e mandati allo sbaraglio.
Crisi delle vocazioni e burocrazia paralizzante
La professione dell’addetto alla sicurezza privata non attira più nuovi lavoratori. Il turnover è alto e spesso legato a offerte contrattuali leggermente più vantaggiose da parte di altre aziende. In questo contesto già fragile, si aggiunge una burocrazia lenta e inefficiente, che rallenta il rilascio e il rinnovo dei titoli prefettizi.
Con l’arrivo dell’estate si ripropone, puntuale, il problema dei ritardi nei procedimenti autorizzativi. Le promesse del Ministero restano sulla carta, mentre resta bloccata anche la composizione delle commissioni d’esame per il DM 154 e gli attestati di abilitazione per i servizi di safety.
Il cittadino è l’anello finale (e debole) della catena
La disfunzione del sistema si riflette inevitabilmente su chi fruisce del bene sicurezza: il cittadino. L’impressione è che la sicurezza sia ormai percepita come un’emergenza permanente, un problema da documentare con lo smartphone e condividere sui social. Ma dietro ogni video virale c’è una realtà fatta di rischi sottovalutati, carenze strutturali e uomini lasciati soli a fronteggiare la criminalità.