Il ticket licenziamento è una vera e propria tassa, a carico del datore di lavoro, che dev’essere versata all’INPS quando viene licenziato un dipendente con contratto a tempo indeterminato e la finalità, oltre a scoraggiare i licenziamenti, è quella di contribuire a finanziare la cosiddetta “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego” (NASpI). L’importo varia in base all’indice di inflazione, così come l’importo dell’indennità mensile di disoccupazione.
Quanto costa licenziare un dipendente?
Per l’anno 2024 l’INPS ha aggiornato l’importo del massimale NASpI con il messaggio numero 531 del 07 febbraio 2024, pari a 1.550,42€. Da questo importo si può calcolare il costo per le aziende che è pari al “41% del massimale mensile di ASpI [oggi NASpI] per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”
Quest’anno il ticket di licenziamento è dunque pari a 635,67€ (nel 2023 era pari a 603,10€) per ogni anno di anzianità del dipendente. Per chi ha un’anzianità pari o superiore a 3 anni l’importo massimo è fissato in 1907,01€. Se la durata del rapporto di lavoro è inferiore ad un anno, l’importo sarà calcolato su base mensile ovvero 52,97€ per ogni mese in cui il dipendente ha lavorato almeno 15 giorni.
Il ticket licenziamento è dovuto anche in caso di dimissioni?
Se il dipendente si dimette volontariamente, il datore di lavoro non sarà tenuto a pagare il ticket licenziamento, fatta eccezione per due casi specifici:
Le dimissioni per giusta causa
Le dimissioni presentate durante il periodo di tutela legato alla maternità o alla paternità
Sono infatti queste le uniche dimissioni che danno accesso all’indennità di disoccupazione (NASpI).
Esistono casi di licenziamento per i quali non è dovuto il contributo?
Si, quando ad esempio il licenziamento avviene in seguito ad un cambio di appalto con l’applicazione delle cosiddette clausole sociali a salvaguardia dei livelli occupazionali, il datore di lavoro non dovrà versare alcun contributo legato al licenziamento dato che di fatto il lavoratore non avrà perso né il posto di lavoro né la continuità retributiva e contributiva.
Un altro esempio di mancato versamento del ticket di licenziamento è quello del settore edile: se il licenziamento avviene a seguito della fine del cantiere dovuta al completamento delle attività.
Anche per il licenziamento dei lavoratori domestici non è dovuto alcun importo all’INPS.
Come funziona il ticket licenziamento per i part time ed i contratti a tempo determinato?
Per i part time valgono le stesse regole dei full time mentre, per i contratti di lavoro a tempo determinato, non è previsto il pagamento del ticket licenziamento al termine del contratto stesso neppure nell’ipotesi in cui la cessazione del rapporto di lavoro arrivi prima della scadenza. Attenzione però! L’unico caso in cui il datore di lavoro è tenuto al pagamento del ticket è la mancata trasformazione a tempo indeterminato al termine di un contratto di apprendistato.
Costo per i licenziamenti collettivi
Anche in caso di licenziamento collettivo, il datore di lavoro è tenuto a versare il ticket di licenziamento che è pari all’82% del massimale NASpI dell’anno in corso (per ogni 12 mesi di anzianità di servizio). Per il 2024 l’importo è fissato in 1271,34€ per ogni dipendente licenziato. Per i lavoratori con almeno 3 anni di anzianità di servizio, l’importo massimo è pari a 3.814,02€. Nei casi di licenziamento collettivo che non raggiungono l’accordo sindacale per quel che riguarda la consistenza dell’esubero del personale, il contributo dovuto dal datore di lavoro è moltiplicato per tre volte. In ogni caso, il contributo dev’essere sempre modulato in proporzione all’effettiva anzianità di servizio.