La sentenza che prendiamo in esame è relativa all’affidamento di un servizio di guardiania e portierato presso alcune residenze di un soggetto a carattere pubblico, che ha generato una controversia tra aziende che hanno partecipato al bando di gara.
Il ricorso
La società soccombente ha motivato il proprio ricorso sulla base della natura del sevizio stesso, e cioè di guardiania in orario notturno, dando come motivazioni principali il fatto che la natura del servizio richiedesse l’espletamento da parte di guardie giurate armate e non da personale disarmato. A nulla sono valse le argomentazioni della ricorrente che hanno messo in evidenza come la gara d’appalto implicasse attività ed attribuzioni (anche a mezzo di dispositivi elettronici) che sembravano essere proprie delle GPG, come l’intervento attivo per la tutela dei beni della stazione appaltante. Ad esempio, nel bando troviamo scritto che tra le prestazioni richieste vi sia “l’allontanamento dei soggetti esterni alla struttura” e “la sorveglianza e la vigilanza per evitare danneggiamenti, furti e deturpazioni”. Queste prerogative rientrano tra le attività di vigilanza attiva e quindi riconducibili a quelle proprie delle guardie giurate, secondo la ricorrente.
Il parere dei giudici
Di diverso avviso è stata la pronuncia dei giudici, che non hanno riconosciuto le mansioni proprie della sfera della vigilanza attiva, prendendo come riferimento il DM 269/10 (Decreto Maroni), in particolare la definizione di obbiettivo sensibile e/o con particolare esigenze di sicurezza. Ritenendo, pertanto, che il plesso in oggetto della controversia non rientrasse tra quelli riconosciuti nel dispositivo di legge e quindi obbligatoriamente di competenza delle GPG, il Consiglio di Stato ha dato parere contrario alle motivazioni della ricorrente, ritenendo che le attività sopra esposte non prefigurassero un intervento attivo dell’operatore e che non sono svolte nelle attività definite obiettivi sensibili.
I motivi della decisione
Seppure sconvolgente, la pronuncia è stata motivata da queste osservazioni, volendo dare per assunto che il dispositivo di uomo a terra non sia prerogativa di chi svolge intervento attivo. Risulta ancora più eclatante, ma non è l’unico episodio, che vi sia l’utilizzo delle telecamere per la vigilanza del plesso, che sicuramente non rientra tra le attività che garantiscono la fruizione dell’immobile. Il portiere nasce per la sorveglianza e la custodia del bene immobile, è vero, ma il bando di gara ha tratto in inganno richiedendo in chiare lettere attribuzioni che sino alla pronuncia nel merito del ricorso, i più erano convinti fino all’ultimo, che fossero di speciale pertinenza e non quella di carattere generale, preferendo in questo caso la seconda ed usando proprio il dispositivo di legge quadro nel suo aspetto più restrittivo.
Conclusioni
Abbiamo assistito anche a cambi d’appalto tra imprese della vigilanza privata e società di servizi, sempre nel settore pubblico, ove nel bando di gara non fosse specificato che per i servizi affidati era necessaria l’attribuzione alle imprese soggette al 134 del TULPS e cioè quelli riconosciuti per le attività di vigilanza e portierato. Ancora una volta l’organo indipendente della magistratura, nell’ordinamento italiano, ha dato la sua interpretazione dando effettivamente il via a nuove prospettive di interpretazione delle leggi e restringendo sempre l’ambito di applicazione integrale nel comparto sicurezza armata.